Walter Tripi | Il Fintocolto
Quando il Fintocolto viaggia, viaggia per crescere e ispirarsi. Dopo aver ricercato una guida adatta – poco costosa, completissima, piena di ciò che esso già ritiene di sapere e vuole solo sentirsi ripetere – cade su una Lonely Planet: costosa, completissima, piena di un sacco di cose che non sa e non leggerà, perché quando il Fintocolto va in una città già la conosce. Ha sentito parlare dei colori, del meteo, delle feste, delle usanze, dei prezzi, dei profumi. Li conosce e vuole soltanto conferme. Sa già che lo ispireranno, tanto che potrebbe ispirarsi direttamente da casa. Ma viaggiare, si sa, è cosa troppo bella…
Giunto a Firenze, il Fintocolto non toscano non può che aspettarsi intere orde di C aspiratissime. Con in testa le gesta dei peggiori comici toscani e le loro malefatte, il nostro si dirige verso un primo bar, rigorosamente in zona stazione, con la certezza scontatissima di trovare dall’altra parte del bancone una sorta di saltimbanco di corte che, con fare panarellian-benigno-pieraccionesco lo inondi di battute sconce e divertentissime. Il barista si limiterà a servirgli il caffè, chiedergli un prezzo triplo rispetto a ciò che il contenuto della misera tazzina avrebbe meritato, e passare infine a un nuovo cliente, senza mai cambiare espressione del viso. Un po’ come tutti i baristi insomma, solo che questo era fiorentino.
Dopo questa prima delusione, e le successive che rispetto alla giocosità dei fiorentini incontrerà nelle centinaia di metri che lo separano da Piazza del Duomo, il Fintocolto riacquisterà lo stesso entusiasmo provato nell’ultimo scalino del treno prima della terra, ricordandosi che oltre a dei fenomenali umoristi, i fiorentini dovrebbero anche essere dei fantasmagorici poeti.
Arrivato in Piazza del Duomo senza aver incontrato né Dante né Petrarca, proverà per qualche istante una certa rabbia mista a profonda delusione. Sarà obbligatorio lanciare il pensiero a quando, in Feltrinelli, ha scelto la Guida per Firenze e non quella, tra l’altro in offerta, per Busto Arsizio. Che magari almeno lì si trova anche un bel concertino jazz da rivendere su Instagram.
Poi alza gli occhi e quasi si riconcilia con se stesso. Nella speranza che nessuno gli chieda informazioni o aneddoti rispetto alla costruzione di Santa Maria del Fiore e tirando internamente a indovinare le cento peripezie che portarono qualcuno (a scelta tra Renzo Piano, Brunelleschi e Machiavelli) a elaborare quella bellissima, strana cupola, il Fintocolto se ne uscirà con una frase classica classica, ma sempre giusta: certo che, guarda l’uomo cosa è capace di fare!
Cercherà di scansare i madonnari mentre il calore estivo gli tingerà gli occhi di sudore, giunto a Ponte Vecchio ricorderà del tragitto poco più che Prada e una discreta vetrina di Massimo Dutti. Vedrà orde di persone che guardano gioielli inarrivabili, tenterà anche – per un quarto di milionesimo di mezzo secondo – di capire come si possa spendere tutti quei soldi per un brillocchero che proprio proprio ha visto simile in una carinissima bigiotteria, l’ultima volta che ha dovuto comprare un pensiero per il compleanno della mamma, in ritardo di almeno una settimana.
Continuando ad aspettarsi bistecche al sangue lanciate dalle finestre e senza aver ancora perso la speranza rispetto a possibili poemetti declamati dai palazzi belli belli, il Fintocolto continuerà a camminare passando davanti a file chilometriche di fronte ai Musei, preziosissimi. L’avere osservato per almeno quattro istanti quella lunga masnada di persone accaldate sarà per lui equivalente ad aver visitato l’interno, e così riporterà sui social network mentre trangugia, smartphone alla mano, un panino al lampredotto rigorosamente finto, nell’ora più sbagliata dell’universo. Da bere: bottiglietta di acqua pagata quanto un Gin Lemon, tanto che per un istante si chiede se non si tratti di un souvenir “Eau dell’Arno”, magari con tanto di pelo di panteganone annesso. No, è proprio acqua da bere. Ma è Firenze: la bellissima ex capitale!
Pur essendo in piena estate, non riuscirà a trattenersi dallo spendere altre 150 euro (dopo aver trattato alacremente) per la bellissima etichetta “Pelle 100% italiana” attaccata a un porta iPad di pellaccia marcia in San Lorenzo, che risulterà anche leggermente stretta per il proprio modello precedente-all’ultimo-comprato-usato-perché-senza-tablet-non-esco-neanche-di-casa.
Sarà estasiato, dirà qualcosa a proposito delle bellezze tutte italiane che non valorizziamo abbastanza preferendo loro le tamarrate delle capitali straniere. Lo dirà strofinando con leziosa speranza i genitali del Porcellino al Mercato Nuovo: il gesto sarà compiuto con aria da porco, chiamando il monumento più semplicemente “il maiale” e ignorando si tratti di un cinghiale. Dirà che solo noi abbiamo queste vie, questi scorci, questo gelato in pvc strabordante dalle vaschette. Ogni tanto alzerà la testa per puro errore e scoprirà una delle tante verità del viaggiatore: dall’esterno, spesso i primi piani dei palazzi sono molto più belli degli ingressi. Lo dirà, insomma, con un leggero orgoglio italiano, nonostante quella sia la seconda città italiana che visita in svariati lustri dopo Pomarance (causa foratura di una ruota), ma lo dirà convintissimo di voler cominciare, da quel giorno, un gigantesco viaggio alla scoperta dello stivale. Di pelle, che acquisterà al secondo passaggio in San Lorenzo, al costo di una moto.
Continuerà sognante a volersi lasciare in Toscana, scrivente sonetti in una collina a poca distanza, accompagnato da un buon vino e mangiando tagliata ogni giorno, pur praticamente lessa poiché il sangue gli fa un po’ impressione, alla faccia della gotta. Vorrebbe anche cambiar nome, sogna di girovagare per quelle vie larghe e di un grigio allegrissimo ed esser chiamato, non so, Fintocolto De’ Medici. Tutto questo lo penserà affacciato da Piazzale Michelangelo, senza riuscire a spiegarsi come mai non sia mai stato previsto che ogni essere umano debba per legge godersi una vista simile almeno una volta nella vita, pena il viaggio gratuito con pernottamento. Respirerà fortissimo escogitando il modo per applicare la sezione aurea anche ai propri sogni, tra i clic degli orientali tutto intorno e con il lampredotto che supera a destra il lesso di bistecca mangiato un’ora prima riproponendosi, quasi a non volersi perdere l’Arno visto da lassù.
Il Fintocolto è a posto, per cinque minuti è convinto di aver visto tutto ciò che nella vita c’è da vedere. Finiti questi minuti, tornerà famelico di inesattezze personali e nuove ricerche, ma di quella città bellissima rimarranno errori emozionanti, in patria di arte e scienza e sapere in ogni angolo: rimarrà il David in piazza della Signoria (e che nessuno osi dirgli che quello vero è altrove, potrebbe avere un groppo in gola per almeno 9 secondi netti, altrimenti la voglia sarà quella di tornare per osservare genitali e sedere anche di quello) e quella irriconoscibile caricatura in carboncino fatta fare da un simpatico impostore in pieno centro. La osserverà ogni volta che quella giornata splendida gli tornerà alla mente, e allora penserà che il Maestro Alighieri avesse proprio ragione nell’affermare che “trovare citazione dantesca sulla bellezza di Firenze”.